2011/04/20

Fico, l'albero sacro alle donne



     Il fico e il suo frutto sono stati da sempre associati alla donna. Nell’antichità romana l’albero sacro alle donne era il caprifico, fico delle capre o fico selvatico: “u ficastru”. Dea protettrice delle donne era Giunone Caprotina che a Roma veniva festeggiata alle “none” di luglio, giorno in cui le donne si recavano fuori delle mura, e presso un vecchio caprifico sacrificavano alla loro dea.
   Per i Greci, la parola fico (sykòn) indica sia il frutto della pianta che l’organo sessuale femminile.
   È curioso il fatto che la “φ” (fi, phi o effe, ventunesima lettera dell’alfabeto greco) è simbolo grafico che richiama alla mente il sesso femminile, mentre ricorda il frutto del fico. La fessurina del fico maturo stillante miele e il rigonfiamento del sesso femminile stimolavano proiettivamente la fantasia dei Greci.
   Che nel mondo greco, il fico sia associato al sesso femminile è provato ancora dalle Falloforie, feste religiose nelle quali giovani aitanti portavano in processione un simbolo fallico, seguiti da donne (canefore) che portavano cestelli colmi di fichi. Il fallo e le fiche sono simboli chiari e sono propiziatori di vita.
    Ma, anche nella lingua russa, il termine fetjuk (traducibile con “fituso” o “sticchiusu”) era offensivo per un uomo. La parola deriva da “fita” (ф), che nell’Ottocento ucraino era ritenuta una lettera “sconveniente”. Così, mentre il russo di una volta metteva sotto accusa la lettera effe, con la stessa gli inglesi battezzavano il “fanny”, vezzeggiativo dell’organo sessuale femminile 
 φ     Φ  

     In linguistica, la lettera effe è il segno della vita e di ciò che dà vita: da notare le parole che hanno inizio con la lettera effe: femmina, figlio, fanciulla, fessura, fica, feto (colui che vien fuori, alla luce) Fetonte (figlio del Sole-vita), fiore (da cui nasce il) frutto, fertile, fecondo, facondo, fallo, falò (che dà luce); e ancora, fonte, fiaba, favola, ma anche feci, sono termini che indicano ciò che “vien fuori”, che aprendosi dà vita. Ma, anche proli-fica (da facio, fare, creare) è colei che genera molta prole.
     Nelle simbologie che operano in questo campo, va ricordata una canzone siciliana intitolata “La Ficu” che recita così: “La vitti mpinta a n-árvulu/ la ficu ca pinnìa/ Ed era troppu auta/ pigghiari n-la putìa/ Di sutta taliànnula/ lu meli ci currìa/ Di da vuccuzza  amabuli/ lu meli ci spannìa / Essennu sutta d’arvûlu/ na rama n’affirrai/ Ficuzza mia, certissimu/ pi certu ti manciai. Il tema del frutto appeso al ramo e non raggiungibile è allegoricamente presente nella letteratura antica. Da ricordare la poesia nella quale Saffo paragona il suo amore a una mela: “Come la mela, alta rosseggia sul ramo più alto / La dimenticarono nella raccolta / No! non la poterono cogliere.

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